[..] C’era una volta un’anatra che stava aspettando la schiusa delle sue uova poste nel nido fatto sulla riva di un laghetto all’interno del campo di una fattoria. Poco a poco le uova si schiusero tutte, e ne uscirono dei bellissimi pulcini tutti dorati. Però mancava ancora un uovo, quello più grande di tutti che tardava a schiudersi. Finalmente l’uovo si aprì e… “Che sorpresa!” Mamma anatra e i suoi fratellini videro uscire da quell’uovo più grande del normale uno strano anatroccolo, tutto grigio e goffo! I suoi fratellini lo ribattezzarono subito “Brutto Anatroccolo” e non mancavano mai di prenderlo in giro e fargli gli scherzi.[..]
Ti sei mai sentita il brutto anatroccolo?
Immagino di si. Tu come tanti altri tra noi. Soprattutto oggi che la Bellezza è diventata quasi un imperativo a cui principalmente il femminile dovrebbe uniformarsi. Tanto più il giorno del matrimonio.
Cos’é la Bellezza? Cosa significa sentirsi belli? E’ un dato oggettivo o una condizione interiore?
La Bellezza un concetto relativo
Quando ci troviamo di fronte alla Bellezza di un viso, di un paesaggio, di un’opera d’arte, siamo dinnanzi a qualcosa di inspiegabile, forse ignoto. La Bellezza è una qualità inafferrabile che viene percepita dai sensi grazie ai quali riusciamo a sentire che essa non si esaurisce nella sola dimensione estetica ma che esiste un qualcosa in più. Qualcosa di ineffabile, che ci colpisce e che non si può definire ed esprimere adeguatamente con le parole, qualcosa di indicibile. La sola possibilità a disposizione è la contemplazione. Dinnanzi alla Bellezza siamo ammirati, meravigliati, attoniti, indifesi, in alcuni casi addirittura sofferenti. Per capirci…, qualcosa tipo la sindrome di Standhal (se vuoi approfondire vai a questa pagina). Volendo proseguire il ragionamento in una prospettiva filosofica, se alla dimensione estetica (bello), affiachiamo quella etica (bene), potremmo essere in grado di aspirare a quella che gli antichi greci definivano armonia.
Nel corso del tempo il concetto di Bellezza è mutato più e più volte. Quello che si riteneva bello fino a qualche secolo o decennio fa, ha lasciato il passo ad altri canoni. E’ così da sempre. L’ideale estetico riconosciuto da un popolo in un determinato periodo storico è strettamente legato alla situazione culturale, economica e sociale del momento.
Banalizzando, per fare qualche rapidissimo esempio rispetto allo sviluppo di questo concetto nel corso della storia, abbiamo imparato a scuola che gli egizi ritenevano che attraverso la Bellezza ci si potesse avvicinare alla divinità e per questo durante il processo di imbalsamazione erano soliti fare grande uso di unguenti e profumi. L’ideale di Bellezza nella classicità greca si identificava nell’armonia tra anima e corpo e veniva manifestata in meravigliose sculture che ritraevano corpi perfetti. Nell’antica Roma veniva prestata molta attenzione all’acconciatura: la toeletta di una matrona richiedeva molte ore di lavoro.
Nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, sempre di più la Bellezza si mostra, esercita i suoi effetti e si esaurisce sui social network. L’aspetto che più mi incuriosisce e mi fa riflettere è soprattutto il fatto che oggi si fa riferimento ad un’ideale di Bellezza pressoché standardizzata che (anche in presenza di eccezioni significative) rischia di trasformarla in una vera e propria schiavitù silente rispetto alla quale ci si uniforma senza neanche rendersene conto.
Quello che conta è essere belli dentro… (ma dici sul serio?)
Ti è familiare questa frase, non è vero? Anche a me.
Si tratta del celeberrimo e retorico riferimento ad una fantomatica Bellezza interiore al quale ci appelliamo quando non siamo soddisfatti del nostro aspetto esteriore o per salvarci in corner quando non sappiamo cosa rispondere ad un’amica/o che ci pone la fatidica domanda: “mi trovi bella/o?”. “Ma certo! Però credimi, quello che conta è essere belli dentro.”
In realtà, in questo luogo comune un fondo di verità c’è. Ovvero il fatto che non si può ridurre la complessità del concetto di Bellezza ad un solo fatto di aspetto esteriore. Mi rendo conto che nell’epoca in cui viviamo, nella quale siamo continuamente bombardati da messaggi che ci comunicano l’esatto contrario, ovvero che occorre essere belli sempre e comunque, non è affatto facile riuscire a raggiungere un equilibrio personale rispetto a questo tema. Quando poi al tema della Bellezza si associa quello della sua rappresentazione fotografica si crea un binomio potenzialmente esplosivo.
Ciascuno di noi desidera apparire al meglio in fotografia, anche oltre la realtà. Una frase tipica che spesso mi viene rivolta recita più o meno così “…poi con Photoshop sistemi tutto vero?…”. Più di una volta mi è capitato di avere una convesazione su questo tema e di “sentire” che l’interlocutore che ho davanti ha il desiderio di farsi ritrarre e di mostrarsi al meglio di sé ma contemporaneamente avverto una ritrosia, quasi un pudore, dovuti all’insicurezza generata dal timore che la realtà mediata dalla fotocamera non collimi con il proprio immaginario ed il risultato fotografico non in linea con le proprie aspettative, salvo fare appello ad un aiutino tecnologico.
Se posso permettermi di esprimere sommessamente ed in modo molto stringato il mio pensiero in proposito, a mio avviso è bello ciò che è unico. Credo che la Bellezza risieda nella possibilità di esprimere la propria diversità, che ci rende unici al cospetto di qualsiasi altro essere umano sulla faccia della Terra. Una Bellezza che non risponde a canoni standard uguali per tutti e che ha a che fare solo in parte con l’aspetto esteriore. Una Bellezza che è nella testa, che deriva dalla propria identità, dalla fiducia in sé stessi, dalla propria visione del mondo, dai propri valori, dalle proprie idee e si concretizza e manifesta ad esempio nello stile, nei modi di fare, nel portamento, che rispecchiano il senso di serenità, il fatto di essere in pace con sé stessi e con la propria immagine.
Quando mi trovo a raccontare un matrimonio mi ritengo soddisfatto quando riesco ad instaurare con gli sposi una relazione tale da permettermi di far emergere, attraverso le immagini, le caratteristiche uniche di ogni coppia per fare in modo che, ogni volta che le riguarderanno potranno riconoscersi in esse. A prescindere da un universale, ipotetico e del tutto arbitrario concetto di Bellezza.
Concludo con una frase che ho letto qualche tempo fa che mi è sembrata piuttosto interessante e che ha fatto scattare in me una serie di riflessioni: “L’estetico non deve diventare anestetico”.
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Anche per oggi è tutto! Alla prossima.